La legalizzazione e regolamentazione della cannabis è questione di diritti civili

La Naacp (Negro Association for the Advancement of Colored People), una delle più antiche e influenti organizzazioni per i diritti civili negli Stati Uniti, ha dato il proprio pieno e incondizionato appoggio al referendum che si terrà in California a novembre per la legalizzazione e regolamentazione della cannabis. Per la prima volta, i protagonisti delle storiche battaglie civili contro la segregazione e discriminazione razziale fanno della guerra alla droga una questione di diritti civili. Una presa di posizione 'pesante', anche perché la Naacp ha la capacità di organizzare e smuovere milioni di associati, tra cui numerosi leader politici e membri del Congresso. Potrebbe essere un punto di svolta significativo nel dibattito sulle politiche della droga. Segue il manifesto dei leader della Naacp con cui annunciano il loro sostegno al referendum Proposition 19.

"L'ingiustizia in qualsiasi luogo è una minaccia alla giustizia ovunque", disse il reverendo Martin Luther King Jr. il 4 aprile 1967 mentre parlava contro la guerra del Vietnam. All'epoca fu criticato pienamente da amici e nemici per aver parlato di un argomento ritenuto estraneo alle lotte sui diritti civili. King aveva capito meglio di molti altri il vero costo della guerra -in vite perse, futuri buttati via, sogni rimandati e risorse sprecate. Alla fine la maggioranza degli americani gli ha dato ragione sulla guerra del Vietnam, ma lui non ha vissuto abbastanza per vedere questo cambiamento dell'opinione pubblica. Il suo coraggio morale sta nell'aver parlato nonostante vi fosse disaccordo, preoccupandosi più della sua integrità che della sua popolarità.
Come dirigenti della Naacp della California, la nostra missione è sradicare l'ingiustizia e continuare la lotta per i diritti civili e la giustizia sociale ovunque e ogni volta che possiamo. E' per questo che sentiamo il dovere di parlare chiaramente contro un'altra guerra, la cosiddetta "guerra alla droga". Che sia chiaro, questa non è una guerra ai signori della droga o ai violenti cartelli; questa è una guerra che in modo spropositato colpisce giovani uomini e donne e l'ultimo strumento per infliggere una giustizia alla Jim Crow (leggi sulla segregazione razziale, ndr) sugli afro-americani più disagiati.
Rigettiamo l'argomentazione spesso reiterata e ingannevole che esistano solo due scelte per affrontare la questione delle droghe: un sistema fortemente repressivo oppure il permissivismo totale. L'abuso e la dipendenza da sostanze stupefacenti sono problemi americani che riguardano ogni fascia sociale ed economica, e per farvi fronte sono necessarie strategie sanitarie e di pubblica sicurezza. Ma strategie di pubblica sicurezza che colpiscono soprattutto i neri e i latino-americani disagiati, costretti a subire il peso e la vergogna dell'arresto, del processo e della condanna per marijuana, devono finire.
Il rapporto pubblicato questa settimana dal Drug Policy Alliance conferma che le leggi sulla marijuana colpiscono in modo sproporzionato i nostri giovani. Nonostante l'evidenza scientifica dimostri che i giovani neri consumano marijuana meno dei giovani bianchi, in ognuna delle 25 contee più popolate della California i neri vengono arrestati ad un tasso più elevato dei bianchi -tipicamente due, tre o anche quattro volte in più.
Crediamo che qualsiasi potenziale rischio associato al consumo di marijuana è molto inferiore rispetto al danno che deriva dal finire nelle maglie del sistema giudiziario. Una volta che un giovane viene arrestato ed entra nel sistema giudiziario, aumentano le probabilità che finisca nuovamente nelle maglie della giustizia penale. Anche se gran parte degli arresti per possesso di marijuana non comporta condanne pesanti al carcere, in quasi ogni caso generano un intrappolamento permanente nel sistema giudiziario penale -fedina penale, inserimento nei database dei criminali e la stigmatizzazione permanente che ne deriva. Con una semplice incriminazione per possesso di marijuana ed una sanzione da 100 dollari si viene segnalati nei registri della polizia e può scaturirne una fedina penale permanente per reati di droga, fedina che qualunque datore di lavoro, locatore, scuola, banche, registro di impresa e agenzia del credito può facilmente reperire.
Vista la crisi economica e l'alto tasso di disoccupazione, in particolare per gli uomini di colore, vogliamo davvero ostacolare in modo permanente le chance che una persona ha di farsi un'istruzione, di guadagnarsi da vivere e condurre una vita produttiva solo perché ha consumato marijuana? E poi, davvero arrestare le persone per possesso di marijuana è il modo migliore per utilizzare i pochi soldi che rimangono delle nostre tasse? Mentre le contee licenziano insegnanti, vigili del fuoco, assistenti sanitari per bambini e anziani, possiamo giustificare lo spreco di milioni di dollari per tentare di ridurre la domanda di cannabis con lo strumento giudiziario? Quanti anni ancora dobbiamo attendere per dichiarare fallita questa strategia? La nostra storia recente è piena di eletti (compreso l'attuale Presidente degli Stati Uniti), leader del mondo dell'economia e altri che hanno ammesso di aver fatto uso di marijuana e sono riusciti comunque ad avere una vita piena e realizzata. Quanti di loro avrebbero potuto farlo se fossero incappati nelle attuali leggi?
La Naacp della California non crede nel mantenere l'illusione che stiamo vincendo la guerra alla droga sacrificando un'altra generazione di giovani donne e uomini. Ora basta. Vogliamo un cambiamento in cui possiamo credere; ed è per questo che sosteniamo Proposition 19 (referendum per la legalizzazione della marijuana, ndr). Invece di sprecare soldi con leggi repressive sulla marijuana, Proposition 19 genererà nuove entrate fiscali che potremo utilizzare per migliorare il sistema educativo e l'impiego dei nostri giovani. La nostra gioventù vuole e merita un futuro. Investiamo nelle persone, non nelle prigioni. E' ora di porre fine al fallimento della guerra alla droga depenalizzando e regolamentando la marijuana per salvare le nostre comunità.

Fonte ADUC

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